Tra rassicurazioni e allarmismi locali, raccolte firme e bagarre politiche, siamo andati in Regione e abbiamo chiesto all’assessore alla sanità di spiegarci come stanno le cose. Guardando anche al futuro
A Cisterna per molti è ancora il “Pronto Soccorso”, così come una vecchia insegna di anni fa lo denominava. Oggi sappiamo che correttamente va chiamato “Punto di Primo Intervento” (PPI), in grado di affrontare i casi meno gravi, codici bianchi e verdi, e predisporre il trasferimento in ambulanza per casi più gravi. Fatto sta che al di là del nome tutta Cisterna è fortemente legata alla struttura di via Monti Lepini, un attaccamento dovuto anche al fatto che, in una città cresciuta notevolmente e che viaggia verso i 40mila abitanti, questo rimane ad oggi l’unico presidio sanitario presente sul territorio comunale insieme alla guardia medica. La notizia di una futura ed eventuale chiusura del nostro PPI ha, come prevedibile, messo in agitazione tutta la cittadinanza. Ma come stanno realmente le cose? La questione è stata affrontata anche in alcuni consigli comunali e circa un mese fa il sindaco Mauro Carturan, insieme all’assessore Felicetti e alla presidente di commissione Ferraiuiolo, entrambe in quota Lega, ha incontrato il direttore della ASL Latina Giorgio Casati che ha dichiarato che non c’è intenzione di chiudere i PPI della provincia. La stessa Lega però ha avviato nei giorni a seguire una campagna di raccolta firme contro la chiusura. Per cercare di fare un pò di chiarezza siamo saliti di livello e abbiamo scambiato due chiacchiere con l’assessore alla Sanità ed integrazione della Regione Lazio, Alessio D’Amato.
Assessore andiamo subito al cuore del problema: è vero che i Punti di Primo Intervento(PPI) chiuderanno? Perché ci troviamo in questa situazione? Il Decreto Ministeriale 70 del 2015 prevede la chiusura o riconversione dei PPI con meno di 6mila accessi annui. Una decisone del Ministero alla quale tutte le Regioni si stanno adeguando. Solo nello specifico caso di Anagni la Regione Lazio ha già deciso, anche ascoltando le richieste che arrivavano dal territorio, di riconvertire il PPI in PAT (punto di assistenza territoriale) con la volontà di implementare i servizi ambulatoriali presenti. Fermo restando che i PPI erano e rimangono luoghi di assistenza territoriale e, per la sicurezza e la salute dei cittadini, non possono mai sostituirsi alla rete dell’emergenza. Se il Ministero apporterà modifiche al testo del DM la Regione Lazio potrà prenderne atto e agire di conseguenza.
Quali sono le misure intraprese o che sta intraprendendo la Regione a riguardo? La Regione Lazio si avvia ad una proroga di un anno in merito agli adempimenti previsti dal Decreto ministeriale 70 del 2015 sui Punti di primo intervento. E’ pronta una nota che invieremo alle Asl interessate. Abbiamo richiesto infatti al Ministro della sanità Giulia Grillo l’opportunità di rivedere sul tema dei Punti di primo intervento le indicazioni contenute nel D.M. 70. La Regione Lazio è impegnata nel potenziamento della rete dei servizi territoriali e abbiamo bisogno di tempi compatibili. Ci siamo rivolti al Ministro affinché accolga la nostra proposta. Assessore ci ha chiarito la situazione attuale ma ora guardiamo al domani: riorganizzazione e futuro.
Quali progetti ed investimenti per i territori? Quando è iniziato il commissariamento, il Lazio era un caso nazionale. Il nostro disavanzo viaggiava sui due miliardi di euro l’anno: da sola, la Regione Lazio produceva circa un terzo del totale dei disavanzi sanitari nazionali. Da allora di strada ne abbiamo fatta moltissima. Abbiamo avviato una vera rivoluzione della Rete di assistenza territoriale aprendo le nuove Case della Salute, gli Ambulatori di continuità assistenziale dei medici di medicina generale che permettono di avere assistenza anche nel weekend e nei giorni festivi e poi estendendo i servizi grazie all’accordo con i pediatri a Roma e nelle province. Aver messo i conti in regola ha permesso l’uscita dal commissariamento e questo ci pone oggi nelle condizioni di poter pianificare nel prossimo quinquennio circa 5 mila assunzioni di personale medico, infermieristico e delle professioni. Investiremo 85 milioni di euro per la domiciliarità che rappresenta l’obiettivo futuro primario. Puntiamo sulla qualità delle prestazioni erogate e al potenziamento sul territorio dei distretti realizzando una Casa della Salute per ogni distretto. Abbiamo inoltre raddoppiato le borse di studio per la formazione dei medici di medicina generale".