Il “caso coronavirus” è più che mai aperto. Il decreto del 10 marzo 2020, emanato dal governo, prevede l’estensione della “zona rossa” su tutto il territorio nazionale. Lo stato al momento ha stanziato 25 milioni di euro per le famiglie, le imprese disagiate e la sanità. I contagi aumentano, ma la protezione civile conferma che non c’è criticità negli ospedali. Trovato il “paziente zero” è un uomo tedesco. Lo scenario europeo, rimane comunque surreale. Ribadisco che, di fronte a questa realtà, ci sono due strade da seguire, le uniche che ci permettono di avere un approccio cosciente e responsabile: adottare le norme igieniche del caso e la corretta informazione.
Ormai non si parla d’altro. Sui social impazzano fake news, consigli fai da te per neutralizzare il virus, teorie complottistiche di ogni genere sull’origine del virus e sulle modalità di trasmissione. Non mancano poi articoli di giornalisti che magari anche in buona fede, essendo digiuni di nozioni tecnico/scientifiche, scrivono inesattezze ed info equivoche come per esempio sul tema dei vaccini. Ho letto in questi giorni titoli di ogni genere: “Pronto il vaccino in USA”, “Vaccino australiano supera tutti i test”, “Coronavirus la speranza arriva dal vaccino israeliano pronto in 3settimane”.
Seppur incoraggianti e di impatto positivo sulla cittadinanza, queste notizie sono quantomeno forvianti. Cerchiamo di fare un minimo di chiarezza analizzando i vari aspetti da tenere in considerazione quando si parla di nuovi vaccini come quello in via di sviluppo per il Coronavirus SARS-CoV-2 (Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus-2) responsabile della malattia COVID-19 (abbreviazione di Coronavirus disease 19).
L’introduzione in commercio di un vaccino segue lo stesso percorso previsto per un qualsiasi nuovo farmaco. Pertanto sono previsti i consueti e soliti step.
1: Studi preclinici di laboratorio (in vitro).
2: Studi preclini di laboratorio (in vivo) su modelli animali ed infine lo step numero tre che prevede quattro fasi di studi clinici (sull’uomo) a loro volta suddivisi in: Fase1: somministrazione ad un piccolo gruppo di persone per valutare prevalentemente la tolleranza del vaccino (ossia la frequenza e l’entità di reazioni avverse). Fase 2 e 3: somministrazione a gruppi via via più numerosi (centinaia per la fase 2 e fino a migliaia per la fase3). In questi steps si va a valutare tutta una serie di aspetti tra cui la dose ottimale, gli effetti tossici-avversi, l’immunigenicità (validità della risposta immunitaria generata) e l’efficacia. L’ultima fase, la numero quatto, è successiva alla commericializzazione, va a monitorare costantemente la sicurezza del vaccino nel tempo su larga scala. Solamente se le 3 fasi cliniche saranno superate e accompagnate da comprovati dati che attestano sicurezza ed efficacia, le aziende produttrici potranno inviare un dossier alle agenzie del farmaco competenti (AIFA per l’italia, EMA per l’europa, FDA per gli USA ecc…) per la richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio.
Questo iter può durare anche diversi anni. Sicuramente in casi di emergenze come quello del Covid-19 tutti gli enti agiranno con la massima cooperazione per restringere i tempi e giungere quanto prima ad un vaccino autorizzato alla commercializzazione, naturalmente senza far venir meno tutti i principi di precauzione. Di questa cooperazione e mobilitazione per accelerare le varie approvazioni possiamo essere fiduciosi, visti i precedenti del recente passato per la realizzazione del vaccino per Ebola e virus Zika.
Detto questo è vero che circa 37 aziende del mondo stanno lavorando allo sviluppo del vaccino per il nuovo Coronavirus. Enti pubblici, startup biotech e colossi farmaceutici sono concentrati sull’elaborazione di una forma sicura ed efficacie. La comunità scientifica sta cercando di coordinarsi condividendo il proprio Know-how e per quanto possibile di mettere almeno parzialmente in secondo piano gli interessi economici.
Per esempio alcune Big Pharma specializzate in tecnologie correlate alla produzione di vaccini si sono messe a disposizione e offriranno il loro supporto per i laboratori di ricerca. Nonostante gli sforzi però non bisogna fare proclami almeno a brevissimo termine. Come dichiarato anche dal direttore del NIAID (National Institute of Allergy and Infectus diseases) Anthony Fauci, i tempi che ad oggi risultano essere i più realistici sono 12-18 mesi. Una volta superate tutte le fasi e ottenuta l’autorizzazione alla commercializzazione sarà necessaria la sua ottimizzazione per la produzione su larga scala ed a costi contenuti.
Dunque il vaccino non sarà pronto nell’immediato e comunque non è la soluzione per debellare l’epidemia. Sarà sicuramente utile per immunizzare i soggetti a rischio nel prossimo futuro ma nel frattempo l’arma più potente ed efficace che abbiamo a disposizione è il rispetto delle misure di contenimento.